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Lettera ai saggi dell’Umanità

Tre filosofi, Giorgione, 1508-1509, Kunsthistorisches Museum Vienna © The Picture Art Collection / Alamy Foto Stock

Solomeo, 9 Agosto 2022

Donne e uomini che con umanità e saggezza avete la responsabilità dei destini del Creato, a voi è noto che nei giorni e nei passaggi difficili che durano da un tempo non più breve, qualcosa, come un doloroso destino, è divenuto ormai a noi abituale compagno di viaggio. Da due anni si aggira per il mondo un virus che, come un maligno Proteo, ha mille vite e forme nuove, e come le onde di un mare scuro ora si ritira in una bassa marea ora rimonta, silenziosamente, metro dopo metro, rubandoci, insieme alla sempre rinnovata speranza, spesso anche la vita. A voi è noto che lo scorso anno ci sembrò a volte di aver lasciato alle spalle questa realtà che cercavamo di ignorare, fingevamo di trascurare, ma che per così dire entrava in ogni discorso, pervadeva la mente nel momento serale del sonno, diveniva l’ospite importuno della nostra mente in ogni singolo momento della giornata, ci ha negato la felicità consueta di vivere insieme con la famiglia e di condurre il lavoro e la gioia di essere in armonia con la natura.

I paesaggi che hanno accarezzato la mia anima, lungo la bella infanzia trascorsa tra i campi, insieme e dentro al Creato, abbracciati dalla Madre Terra, quei paesaggi incantati mi sembrano oggi così lontani! La natura si rinnova e rinnovandosi si fortifica, e così per noi, il rito è il fondamento stesso della storia, una storia di bellezza. Quante notti, da ragazzo, andavo alla finestra, e la luna, come se stesse lì ad attendermi, brillava fresca e luminosa, e sognavo quello che era nel cielo e oltre l’orizzonte. Il cielo ha una grande responsabilità, e intanto noi si attende la vecchiezza, per poter rievocare ai nipoti i propri ricordi, non come noiose sentenze senili, ma come utili ricordi di una gioventù dove la nostra persona e la natura erano così vicine da sembrare una cosa sola.

Oggi il sonno della ragione ha destato un antico demone, ed è la guerra, che Tolstoj, nella sua grandezza, considerava un «evento contrario alla ragione e alla natura umana». Questa brutta anima del mondo fa di nuovo capolino con tutta la desolazione materiale e spirituale che le è congenita, e per questo il fardello che portiamo sulle spalle si appesantisce ulteriormente. Però Sant’Agostino pregava: «O Dio, grazie di inviarmi il dolore come maestro». I dolori ci rendono più forti, ci riportano ai valori essenziali, ci uniscono di più tra noi. Questo Creato, del quale percepiamo il silenzioso linguaggio universale, ci dice ancora che la vita è tutta dinanzi a noi, per un tempo infinito. Sappiamo, come umane creature, che anche la più povera delle persone è sempre tale, e porta il nome di sorella e fratello che vivono insieme aiutandosi l’un l’altro, e poi tutti insieme, come in un immenso abbraccio universale; è lungo tale strada che si arriverà alla pace. Noi ci attendiamo che dalla vostra saggezza vengano le risposte perché tutto questo diventi attuale per l’intera umanità.

Ricordava Hafez, un poeta mistico persiano del XIV secolo, che noi possiamo ricostruire un mondo diverso e una nuova umanità. Questo è quello in cui crediamo, l’insegnamento di una vita, per noi e per tutti gli uomini, è una cosa che voi saggi sapete. Il cielo, le stelle, il Creato sono l’origine della nostra essenza e la loro consistenza è perenne e non contingente. A volte, come nella congiuntura dei nostri giorni, potrebbe apparire meno chiara questa realtà, potrebbe venir meno la forza del coraggio di credere, ma proprio per questo, come pensava l’imperatore Marco Aurelio, dobbiamo essere in accordo con ogni nota della divina armonia del Creato, ed esso «ci accorderà buone visioni».

E mi rivolgo a voi, donne e uomini custodi pro-tempore che reggete i destini del mondo, perché sembra proprio questo il momento di un contratto, di un nuovo contratto sociale esteso non a singole parti, ma al Creato nel suo complesso. Si può credere che sia difficile riconoscere la strada da seguire, ma basta fissare lo sguardo lontano, diritto dinanzi a sé. Allora vedremo chiaramente, e sapremo quali leggi scrivere sulle tavole di una nuova alleanza con l’universo. Quando nuovamente torneremo a sentire la solennità del silenzio, la bellezza di un campo arato, nero e ferace, la tenerezza delle gocce di vapore delle nebbie, il vento che fa danzare le nuvole, quando infine saremo tornati figli amorevoli del pianeta che ci ospita, allora sapremo di nuovo rispettarlo, e usciti dai recinti del dolore, avremo dinanzi a noi l’infinita e sterminata vita nuova. È a voi che ci rivolgiamo, alle risposte che darete, perché queste aspettative, questi sogni, queste visioni diventino la vita nuova dell’Umanità.

Le vie dell’anima sono sgombre, e lasciano passare il soffio del cielo che ritorna azzurro.

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