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Tributo ai popoli di Mongolia e Cina
Solomeo, 11 Dicembre 2020
Sono sempre stato grato al Creato per il grande bene che elargisce a tutti i suoi elementi; vivo oggi, dopo un periodo di qualche tristezza per tutto il pianeta, un momento di nuova gioia e nuova speranza per il cuore, in quanto mi piace pensare non a quello che la pandemia mi ha tolto, ma a quanto mi ha dato; come un novello Marco Polo la mia gratitudine vola verso due popoli lontani e vicini allo stesso tempo. Sono lontani se pensiamo alle distanze fisiche, sono vicini se pensiamo allo spirito.
I fieri, nobili, antichi, umanissimi popoli di Mongolia e di Cina, le loro singole persone, così alacri, parsimoniose, creative, amiche e aperte al mondo, sono loro, che da anni, con il fiocco di Cashmere della più alta qualità, mi permettono, con il nostro magistero, qui in Italia, di creare tanti beni prestigiosi, tanto lavoro e tanta ricchezza per così tante persone. Sono loro che con una fibra quasi divina per la sua calda morbidezza mi permettono di rendere vero e concreto il sogno di un Capitalismo Umanistico, ma che pone al primo posto l’armonia tra profitto e dono, e guarda ad ogni uomo come al vero fratello, e si cura con ogni affetto di rendere la sua vita più amabile, di custodire le sue città, di rendere più gradevoli le sue periferie, e più feraci le sue campagne. Mi piace quanto diceva Confucio: “L’uomo dotato di benevolenza desiderando progredire fa sì che gli altri progrediscano”. E penso al progresso dello spirito oltre che al benessere materiale.
Lontani e vicini, i popoli di Mongolia e di Cina, durante i miei viaggi di lavoro, mi hanno ospitato benevolmente così tante volte: e come dimenticare, allora, i cieli sconfinati, le verdissime praterie, che con la loro estensione ricordano al tempo stesso il simbolo immenso del cosmo e quello umano del nucleo famigliare? Qui ho trascorso momenti di umanissima esperienza, e, lo dico con sincero cuore, mi sono deliziato di quell’affetto del quale mi hanno voluto fare oggetto, ospitandomi, o meglio, accettandomi proprio come uno di loro. Fu durante una fredda notte stellata sotto l’infinito, al chiarore di una luna piena che inargentava a perdita d’occhio le immense pianure e le morbide colline: rimasi incantato da tanta bellezza, e pensai alla mia terra lontana, a paesaggi simili a questi, come lo è quello che circonda il borgo di Castelluccio, nei pressi di Norcia, nella mia amata Umbria, come una piccola Mongolia, con le stesse curve addolcite, gli stessi innumerevoli toni sfumati di verde, lo stesso cielo che al tramonto si tinge di mille colori; e pensai ancora all’amore per la natura, il vero significato della relazione tra l‘uomo e il Creato di cui egli fa parte insieme ad ogni altro suo elemento, e il rispetto per gli animali, anche quando servono per il sostentamento; e quando vengono uccisi, solo per questa ragione, ad essi si chiede perdono, e si spiega, parlandoci, che quel sacrificio serve per uno scopo necessario e naturale, e allora mi vengono in mente le parole di Epicuro.
E mi sono domandato: ma davvero, quindi, esiste un più nobile modo di porsi dinanzi e dentro il Creato? Esistono un modo, un luogo, un momento, dove la sensazione, la percezione del Creato e del suo significato universale sono più alti, più veri, più diretti!? Quelle genti indimenticabili mi hanno fatto capire, con semplicità e naturalezza, che è possibile. Per questo ho immaginato che mi piacerebbe veder nascere come una sorta di nuovo contratto sociale con il Creato, un contratto nuovo che non riguarda solo le persone umane, ma anche la terra, le acque, gli animali; un tributo al Creato, il nostro più grande custode, lui, che dopo aver dato immensi benefici all’umanità, in questi tempi sembra quasi aver bisogno lui del nostro aiuto, e sentiamo, con altrettanta naturalezza, di dovergli una risposta.
Ed ancora torno al mio umanesimo italiano, al mio modo di concepirlo nella dimensione universale, e d’un tratto capisco, vedo, gli occhi si aprono chiari verso il senso più profondo e luminoso della parola più bella che possa mai essere attribuita alla persona umana: “fratello”. So quanta conoscenza questi popoli e quanta cultura altissima hanno donato nei millenni verso oriente e verso occidente. E sinceramente, se oggi dovessi guardare all’immensa profondità della storia, se cercassi l’uomo che tra gli altri simboleggia nel modo più alto la storia, il pensiero e lo spirito cinese, quest’uomo per me è Confucio; proprio per questo, nel mio piccolo e amatissimo borgo di Solomeo, ho riservato a questo grande uomo un posto d’onore tra i sapienti del mondo antico, con un suo ritratto scolpito nella pietra, fianco a fianco con un altro sapiente, un elleno che proprio nello stesso tempo di Confucio visse da filosofo: Platone. Entrambi sono uniti per aver donato al mondo una sapienza che lo scorrere del tempo non tocca.
Quando, durante i miei viaggi di lavoro, ben accettato ospite, mi sono seduto ai tavoli per condividere il loro cibo, ho sentito vivere in ciascuno di essi uno spirito universale e vi ho riconosciuto le parole del grande ed amato Confucio, colui che disse: “io non creo, tramando”.
Guardo questi popoli con i miei occhi occidentali, vedo la profondità e la bellezza dei loro occhi che sembrano disegnati dal pennello di un pittore, così pieni di mistero e al tempo stesso amabili, dove leggi l’affabilità di chi desidera conoscerti, condividere con te le cose, i pensieri, i sentimenti. Basta ammirare la loro scrittura che è arte pura - ogni parola sembra un quadro - basta vivere un poco con questi nobili popoli per capire una cosa altrimenti inconcepibile, e cioè come possono convivere lontananza e vicinanza, l’inclusione tra tali due grandi valori; la comunione tra il mio popolo e il loro trova i suoi geni nella famiglia.
Dante, con la sua sapienza, mi ha insegnato che ogni scelta è un atto d’amore e che in fondo ad ogni nostra azione vi è tutto il nostro passato, e io sento sempre l’importanza di questo insegnamento, perché mi fa scegliere di essere eternamente grato alle genti mongole e cinesi, con tutto il mio amore, con tutto il mio spirito, per quel morbido e prezioso batuffolo di cashmere che è il simbolo della bellezza del Creato, e per me, della fratellanza tra i popoli.