La vita giovanile trascorsa in campagna, la vita contadina, hanno lasciato nella mia anima il seme e poi il germoglio del Capitalismo Umanistico e dell’Umana Sostenibilità. La nostra, quella della mia famiglia, era una vita a contatto con la natura, perché essa ci donava ogni cosa. Infatti non avevamo nemmeno l’elettricità, ma la terra veniva coltivata utilizzando la forza degli animali, e l’acqua della pioggia veniva raccolta. C’era tra noi e la natura un rispetto reciproco, e tutto si svolgeva in armonia con il Creato.
Capivo che tutto quello che avevamo veniva dalla Terra, e sperimentavo così, semplicemente, quello che il filosofo greco Senofane pensò tanti secoli fa: «Dalla terra tutto deriva», come ho rammentato ai grandi del mondo riuniti per il G20 in Roma ad ottobre 2021.
Vi era nell’armonia con la terra una concordanza tra quello che si ottiene con il lavoro e quello che si dona
al nostro prossimo; ricordo che ogni anno, dopo la mietitura, mio nonno era solito donare la prima balla di
grano alla comunità, un simbolo antico dell’equilibrio tra profitto e dono, e proprio questo simbolo è
divenuto una delle pietre angolari del capitalismo umanistico, uno dei doni più grandi per la mia gioventù e
per il mio divenire.
Altri doni altrettanto fondamentali mi vennero dal dolore, come quello che provai un giorno vedendo mio padre
con gli occhi lucidi per essere stato umiliato sul lavoro. Quegli occhi non erano soltanto un fatto
personale, perché mi parlavano di offesa alla dignità della persona umana, di qualsiasi persona umana, e
questa ferita, rimasta per sempre nell’anima, divenne per me l’imperativo e la volontà di lavorare per tutta
la mia vita a favore della dignità morale ed economica dell’essere umano.
Sognavo un’impresa per fare profitti con etica, con dignità, senza arrecare sofferenza alle persone e offese
al Creato, o almeno il meno possibile. Mi piaceva pensare a luoghi di lavoro leggermente più belli, dove si
potesse stare meglio a cospetto del paesaggio, e volevo che le persone guadagnassero un poco di più, perché
tutti noi siamo anime pensanti, e perché non possiamo più volgere le spalle alla povertà.
Pensavo ad un giusto lavoro, nella sua durata temporale, nella sua qualità e nell’armonia tra la tecnologia e
l’umanesimo; pensavo ad un lavoro che favorisse lo spirito creativo e a una giusta connessione, perché solo
così l’anima, allo stesso modo del corpo, può nutrirsi ogni giorno.
Dice Platone che l’ordine interiore è una virtù, e io ho fiducia nello Stato: sono convinto della bontà di
rispettare le leggi, anche quelle che magari a volte ci possono piacere un po’ di meno.
Io so che la nostra madre terra non va consumata, ma utilizzata, perché possa rigenerarsi naturalmente, e
fino ad oggi mi sono dedicato a conservare quanto esisteva, a restaurare quanto era stato dimenticato dal
tempo, a lasciare memoria di bellezza qui, in quella mia piccola patria che è Solomeo, “borgo del
cashmere e dell’armonia”.
Con assiduità e gioia il Castello, lentamente, il Borgo e la sua periferia sono stati restaurati;
nacquero il Teatro, nostro tempio laico dedicato alle arti, e più tardi, nella valle, il Parco per la Bellezza con il Monumento alla Dignità
dell’uomo, la vigna e la Cantina, come pegno di figli devoti e riconoscenti alla grande madre terra. Sul
Monte della Cima il Bosco della spiritualità conclude la simbologia spirituale del territorio di
Solomeo, cioè il dialogo tra la spiritualità, in alto, la cultura, nel Borgo, il lavoro e la natura in
valle.
Proprio la cultura troverà la sua elezione nella nuova Biblioteca Universale di Solomeo, in una villa
settecentesca che è in corso di restauro, proprio accanto al Teatro e alla Chiesa di San Bartolomeo. Amore e conoscenza per i libri di ogni
parte del mondo sono le ragioni che hanno sostenuto i grandi di ogni tempo. In questo mi è stata di grande
ispirazione l’antica Biblioteca di Alessandria, creata dal Re d’Egitto Tolomeo I, e ancora penso ad Adriano
imperatore, secondo il quale chi costruisce biblioteche costruisce i granai dell’anima a beneficio immenso
dei posteri; Adriano, che ebbe i libri come guida per governare sé stesso e il mondo.
Nella cultura e nella spiritualità, oltre che nell’economia e nell’ambiente, trovano luogo le forme che completano il significato di Umana Sostenibilità, e la sostenibilità è un tutt’uno con il Capitalismo umanistico, come concezione inclusiva di ogni cosa materiale e immateriale che riguarda la persona umana. Di tutto questo è matrice e massimo comun denominatore l’umanesimo universale.
Mi piace pensare ad una sostenibilità inclusiva dei valori materiali e di quelli spirituali, un luogo concreto dove l’ambiente, l’economia, la cultura, lo spirito e la morale vivano insieme. Sono convinto che così si potrà avere un’azione sostenibile e completa, perché nonostante la tecnologia noi viviamo immersi nella natura, e come pensava Leibniz la natura “non fa salti”, cioè i rapporti tra le cose sono di continuità e non di diversità. Per questo motivo noi immaginiamo che ci debba essere una sostenibilità ambientale, economica, culturale, spirituale e morale.