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Autunno-Inverno 2016

In uno sperduto monastero ai confini del deserto siriano, nella quiete serale di un’oasi, un religioso bizantino è chino su di un foglio di pergamena. Dalla finestra entra, con i refoli di un vento leggero, il profumo dei gelsomini. Il suo occhio limpido, la sua mente, il suo spirito, la sua mano sono concentrati e coordinati nello sforzo creativo di trascrivere un testo antico. Il tempo è quello del battito calmo del suo cuore; egli sa che anche da questo silenzioso cenobio la cultura antica sarà trasmessa alle generazioni umane a venire. I fogli di pergamena sono poi raccolti insieme e dureranno a lungo, perché non sono fragili come quelli di papiro. Dai suoi confratelli arabi ha imparato che la scrittura non è solo trasmissione di pensiero, ma arte che parla per simboli, affascinante come quella delle preziose miniature, con le quali lui, infinitamente paziente per la composizione dei colori acquerellati, per le velature delle tinte, per la precisione dei dettagli, arricchisce il suo manoscritto illustrando con figure i racconti e i miti. E anche l’esterno della sua creazione sarà lussuoso: la coperta delle pergamene verrà ornata con pietre preziose incastonate, smalti ed ori, e rivestita di velluto. Un codice così splendido è destinato all’imperatore, a Costantinopoli, la nuova Roma, così vicina nello spirito, così lontana da sembrare essa stessa una leggenda.

Lungo la strada che porta alla scoperta dell’Umanità, il codice miniato appare come un termine di riferimento che attraversa la storia e accomuna la cultura dei popoli.

Almeno dal II secolo d.C., in Egitto, si ha notizia dell’utilizzo del Caudex, o Codex, ossia codice, parola latina che significa “ceppo”, “tronco”, e, per estensione, “legno”. Su tali tavolette, in antico, veniva stesa una pellicola di cera che serviva per la scrittura.

Migliaia di anni sarebbero trascorsi prima che fosse inventato il libro stampato su carta, ma il codice degli antichi ne è il lontano progenitore, per due buone ragioni. Perché si oppose e infine eliminò l’altro strumento di scrittura del tempo, il Volumen, o papiro arrotolato, e perché a sua volta libro deriva da un termine latino, Liber, che sta per “legno”, in particolare il legno bianco che costituisce la parte viva dell’albero. Il legno quindi è comune denominatore originale del codice come del libro.

Liber in Oriente è uno dei nomi con i quali veniva chiamato anche Dioniso, con riferimento alla sua sapienza.

Il codice lentamente prevalse sul papiro arrotolato per la sua praticità d’utilizzo, e divenne il compagno preferito della conoscenza e della tradizione dell’uomo. Non solo gli antichi testi sacri dei popoli, ma anche le grandi opere letterarie, come quelle di Omero e di Virgilio, furono trasmessi al futuro per mezzo dei codici. La loro importanza non fu soltanto quella della calligrafia, cioè della “scrittura bella”, ma anche quella delle miniature, che sono piccoli dipinti con colori all’acquerello, che ne facevano oggetti di lusso, e per questo vi sono codici confezionati con velluto, gemme incastonate, smalti, ori.

La creatività maggiore si trova nei codici bizantini, vivissimi dalla fondazione di Costantinopoli fino alla sua caduta nel XV secolo. Di fatto, direttamente o indirettamente, l’arte dei codici bizantini influenza la cultura dei codici europei, tra i quali eccellono quelli francesi. In particolare le miniature bizantine sono, sia nelle figure che negli ornamenti, di una finitezza e di una varietà che testimoniano della virtù tecnica e della fantasia degli artisti.

Almeno fino al XII secolo i codici sono miniati da monaci artisti, ma sono poi raccolti con amorosa cura anche nelle biblioteche imperiali. E di fatto gli imperatori, a partire da Carlo Magno, utilizzano il codice per la loro azione civilizzatrice, non soltanto per le scuole o per l’agricoltura, ma anche per il diritto.

Nella comune discendenza dalla matrice bizantina i codici europei presentano differenze stilistiche: più originale lo stile anglosassone, più rude quello tedesco, più decorativo quello francese, più calligrafico quello spagnolo (forse per l’influenza araba) e più classicheggiante quello italiano.

In Italia i monaci benedettini di Montecassino costituiscono uno dei centri più importanti, sotto il pieno dominio di Bisanzio. Opere come "I miracoli" di San Benedetto (XI sec.) sono testimoni del valore artistico dei codici compilati da quei religiosi.

Ma, lo sappiamo, il tema spirituale non è il solo ad interessare il codice. In ambito profano un imperatore come Federico II ordina la compilazione di un codice riguardante la caccia degli uccelli: "De arte venandi cum avibus" inaugura con splendore la tradizione dei manuali come vere e proprie opere d’arte.

Presto sulla scia laica si fa strada il romanzo d’amore. Il "Roman de la Rose", del XIII secolo, è a sua volta erede dei romanzi retorico-sofistici greci, e non è soltanto un racconto che anticipa per qualche verso i componimenti del "Dolce Stil Novo" e di Boccaccio, ma è anche, per le sue splendide miniature, un’incredibile e suggestiva rassegna della vita deliziosa del Medioevo e dell’Arte dei Giardini, con evidenti influenze dei giardini persiani.

La mano dell’uomo che traccia una bella lettera come un’opera d’arte a sé stante, l’occhio alato fisso sull’armonia dei colori e delle forme, la serena quiete di una cella benedettina, i calmi battiti di un orologio del tempo che ancora rispondevano a quelli del cuore umano, a questo dobbiamo pensare quando ci domandiamo in che modo il mondo antico è giunto fino a noi. Sensibilità artistica, sete perenne di conoscenza, aspirazione alla spiritualità ne sono i motori.

La tradizione dei codici miniati e la cura amorosa degli amanuensi rappresentano l’Umanità che è ancora oggi in noi. Esiste forse una separazione tra Arte, Artigianato, Scienza e Tecnica? La risposta è in questi codici. E ogni volta che ai nostri giorni un uomo si dedica alla realizzazione di un’opera del suo genio, e la realizza con le sue mani e la sua mente, in lui vive lo spirito eterno degli antichi amanuensi. Sta a noi, in questi tempi di tecnologia in gara quotidiana con se stessa, riconoscere e proteggere questo genio umanistico che è la polverina d’oro che permette ai nostri sogni di volare, e fa volare la nostra vita.