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Autunno-Inverno 2009

Proprio dall’Umbria, dalle rive del mite Trasimeno, secoli e secoli fa, ancor prima di Marco Polo, partì Giovanni di Pian di Carpine, frate francescano, per un viaggio incerto ed affascinante. Portava con sé un messaggio papale per il Grande Kahn, signore geloso di tutti i popoli, padrone delle terre d’Oriente e d’Occidente, dalla Cina, alla Persia, all’Europa.

Giovanni avanzava attraverso terre misteriose e piene di miti, lottò aspramente contro uomini e contro avversità naturali. Le folle incontrate erano immense, le loro dimore sterminate; come avrebbe volato verso la speranza se avesse avuto via libera!

Si precipitava verso il centro del mondo, ove è pericoloso anche soltanto alzare gli occhi verso l’orda dell’imperatore. E vide, infine, terra e genti sognate. Le infinite praterie, ora abbagliate dalla neve ora lenite dallo smeraldo dei prati, lo sfondo delicato delle montagne, così simili a quelle della sua terra madre, montagne dalle quali un vento, ora dolce e profumato di genziana, ti accarezzava, ma quando urlava furioso il suo potere imponeva all’improvviso di prostrarti a terra, per rimanere vivo.

Vide i popoli nomadi, con le loro tende e gli animali, pastori gentili e rudi, guerrieri spietati e imprendibili, «sui cavalli in corsa, obliqui nel vento, scossi da brevi sussulti sul suolo sussultante, fino a gettare gli sproni, che non ci sono, fino a buttare le redini, che non ci sono, fino a intravedere appena la prateria rasata che sfugge loro davanti, senza più testa né collo».

Un filo, soffice e tenace, fu allora tessuto. Quel filo non si è mai spezzato, dura ancor oggi, così noi, negli occhi amichevoli e misteriosi di quegli uomini, quando incrociano il nostro sguardo, troviamo i bagliori del fiero popolo di guerrieri, e la tenacia inconsapevole di un amore sconfinato per la propria terra. Pensiamo che siano effimeri come le loro migranti tende, posano in apparenza leggeri, «tu pensi di poterli smuovere, con un lieve tocco». Invece no, perché sono confitti nella loro storia secolare.

Come noi, sono amanti della loro identità, frugali, austeri, istrioni, generosi, laboriosi. Come noi, Anima del Mondo, Pensiero del Cuore. Lo stesso filo tessuto con laboriosità benedettina da Frate Giovanni, attraversa, oltre lo spazio, il tempo.

Unisce ancora, e per sempre, l’umanità di genti lontane, come quelle umbre e quelle tartare, così lontane, così vicine, in un ideale gemellaggio, messaggio spirituale alle genti di tutte le terre.