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Leonardo da Vinci

Autunno-Inverno 2017

Alla cara Madre Umbria, e a voi, fratelli della comune amata terra nostra, rivolgo le parole che nascono da un sentimento giovane e antico. Quel tempo che sant’Agostino riteneva un eterno presente è il vostro, il nostro tempo.

Nel mondo, per il nostro genio, siamo conosciuti e stimatissimi. Ci riconoscono eccellenti nelle arti e nelle industrie, e fra i primi nell’artigianato; penso, fra le altre, proprio all’arte tessile, alla moda, o all’arte fabbrile e a quella muraria. La nostra attitudine, quando siamo al lavoro, è una delle forme sensibili più espressive dell’operosità umana. In quel momento dimentichiamo il mondo e il tempo, concentrati con ogni fibra del nostro corpo e con ogni sentimento del nostro spirito alla comprensione e alla creazione di un prodotto che sarà per forza un’opera d’arte.

Vi prego, insieme a me non abbandonate mai la vostra dimensione di artigiani, perché è per mezzo di essa che noi esprimiamo la nostra arte, e in quanto artisti siamo un po’ divini. L’artigianato non è una cosa del tempo passato, ma una forma permanente dell’umanità. Abbiamo bisogno di artigiani contemporanei che sappiano unire la tradizione con la tecnologia più aggiornata. È la chiave dello splendido futuro umbro e italiano. Non abbandoniamo nemmeno la nostra spiritualità francescana, spiritualità di non conformisti che ci ha reso famosi ovunque, con la quale il santo poverello convinse i papi medioevali anche quando ne criticava i costumi; e conserviamo sempre viva la spiritualità operosa di San Benedetto, con la quale abbiamo costruito le nostre città, i nostri patrimoni e la nostra storia.

Della nostra fierezza, simile soltanto a quella dei toscani, parlò vivacemente Curzio Malaparte, dicendo che sembriamo stare in piedi anche quando preghiamo in ginocchio, e che trattiamo Dio con rispetto ma dandogli del tu, a testa alta e guardandolo diritto negli occhi. La bellezza della campagna di nostra Madre Umbria è nei nostri occhi e nel nostro cuore, e per questo, come custodi fedeli, nei secoli l’abbiamo lavorata e modellata con mano gentile secondo natura, trasformandola in un immenso giardino, dove i boschi, i prati, i campi coltivati, con la loro forma e con la loro estensione, parlano dell’umanità intera. Sappiamo conservarla ancor oggi, questa nostra bellezza; e la celebrazione universale che si fa del nostro paesaggio, splendente come nei quadri dei pittori del Trecento e del Rinascimento, ne è la prova vivente. Come naviganti coraggiosi dobbiamo proseguire con questa nostra saggezza antica, che garantisce la tradizione senza trascurare le necessità del tempo presente e le aspirazioni del tempo futuro.

La fierezza per la quale andiamo famosi ha destato l’ammirazione del mondo intero in occasione della recente calamità del terremoto, che ha colpito diversi splendidi gioielli urbani dell’Umbria, borghi medioevali che avevano una storia secolare. E non è stata risparmiata Norcia, stella polare della spiritualità benedettina, città santa che condivide con Gerico, Aleppo e Matera, il martirio, e con Gerusalemme il primato spirituale nel mondo. Sono stati colpiti la cattedrale e il monastero, che dei buoni religiosi benedettini seppero ricostruire, pochi anni fa, per riportare la spiritualità nei luoghi antichi dov’era nata. Le lacrime hanno lasciato presto il posto al coraggio, alla fiducia nelle istituzioni e alla volontà ricostruttiva, ed oggi già le vostre stupende città risorgono, non sgomente, ma rese più forti dal dolore. Come il profeta Baruc non volle lasciare Gerusalemme distrutta da Nabucodonosor, ma rimase, per testimoniare l’amore per la sua terra, così voi, rimanendo e ricostruendo, testimoniate al mondo la vostra fiducia per un dorato futuro.