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Autunno-Inverno 2008

Oggi si avverte spesso l’esistenza di un diffuso e sentito bisogno di semplicità. È un’esigenza interiore in crescita progressiva, turgida come una gemma di primavera, commovente come un fiore di campo appena sbocciato. Evento del tutto comprensibile, naturale conseguenza di una realtà dei nostri tempi, dove illusione mediatica e complicazione avviliscono l’uomo, mettendo a rischio il suo bene più caro, la dignità umana.

Complicazione delle leggi, tanto numerose e capziose da rendere arduo conseguire integralmente il rispetto della legalità; complicazione della cibernetica, che entra nel tuo privato senza ormai più bussare; complicazione della burocrazia, tanto più paralizzante quanto più la si cerchi di sdoganare come semplificatrice.

Molti vogliono capire, risalire alle cause, alle sorgenti del Potere, tentando di ridurre in parti semplici quanto è divenuto troppo complesso. Ma, come nel racconto kafkiano, il Potere è inaccessibile; e non si tratta solo di guardiani posti dinanzi alla porta del Palazzo Imperiale: quando ascoltiamo la parola ermetica degli intellettuali, quando osserviamo la gelosa riservatezza delle caste e delle corporazioni, sospettiamo, vicini al vero, che la complicazione sia soltanto una maschera dell’inganno.

Tuttavia, la mancanza di semplicità non viene soltanto da fuori. È spesso dentro di noi, frutto di malintesi ed equivoci. Si pensa, a volte, che basta essere informati per vivere meglio: ma non è così. Gli sciocchi forniti di buona memoria hanno la testa piena di notizie, e non ne cavano nulla. Per questo deridono i semplici, e segretamente li invidiano. Cosa manca allora?

Cristo, Buddha, Martin Luther King, Papa Luciani, parlavano semplicemente, e proprio quest’ultimo Santo ci ha insegnato, con la sua breve e luminosa testimonianza, che per predicare il Vangelo non ci vuol altro che una nobile semplicità.

Ma raggiungerla non è facile, perché la semplicità non è punto di partenza, è punto di arrivo. Spesso si conquista dopo un lungo ed impervio percorso individuale. Ci vogliono delle premesse, cioè il desiderio di conoscere e la sensibilità di sentire. Saper ascoltare noi stessi, il nostro prossimo, la natura che ci circonda. Aver perspicacia, cioè saper ben connettere i dati dell’esperienza: pensare, che secondo Bertold Brecht è il più grande dei piaceri. Selezionare, scegliere, infine sintetizzare.

Tutto ciò chiede impegno, ma è alla portata di chiunque lo voglia, e serve a vivere bene, anche la propria spiritualità. Restiamo schiavi delle nostre sofferenze interiori soltanto perché non pensiamo a comprenderne le cause; allora diventiamo incerti, crediamo che si tratti di paura, mentre è semplice inerzia, mancanza di fantasia. Con poco sforzo potremmo riconquistare la sicurezza, e sentiremmo rifluire ancora dentro di noi l’intuizione e l’istinto, quelli che ci facevano volare sulle loro ali, quando eravamo bambini.

Sì, proprio l’istinto e l’intuizione: altre forme, tra le più naturali, di una semplicità vitale. Il buon istinto non ha bisogno della ragione, la fornisce. L’intuizione ha qualcosa di divino e di impalpabile. È creativa. Quando si progetta qualcosa è lei a suggerire l’idea giusta: mai perdere tempo a ragionarvi sopra. Qualsiasi verifica intempestiva congela e distrugge il processo creativo, ne penalizza la genialità e l’incanto, proprio come nell’Arte. Anche lì la semplicità svolge un ruolo altrettanto forte.

Qui la semplicità delle forme è spesso opposta alla complicazione dei dettagli. Dove risiede il Bello? Nell’arte islamica, nel rococò francese, tedesco e spagnolo, dove trionfano il colore, la linea mossa, l’esuberanza delle decorazioni? Oppure nel severo stile Romanico, fatto di pietra sbozzata e di rude muraglia essenziale; o ancora nella Rinascenza Italiana, eleganza pura dalle semplici linee essenziali? L’intera Storia dell’Arte non sa dare una risposta definitiva, che infatti non può esistere per una domanda mal posta. Le risposte inequivocabili sono provincia della mente, cui l’arte sfugge.

Sappiamo però che esiste un nesso tra semplicità e bellezza. Non sempre ciò che è bello è anche semplice, ma, al contrario: il semplice è sempre bello. E poiché i filosofi hanno dimostrato che a loro volta verità e bellezza coincidono, ecco la sintesi: bellezza e verità coincidono nell’ideale della semplicità.