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Autunno-Inverno 2004

Dobbiamo abbandonare l’ira. Pietro, il quale vi cedette armando la sua mano contro il soldato romano che catturava Gesù, avrebbe poi a sua volta condannato gli iracondi, sui quali il sole tramonterà nel meriggio, cioè con grande anticipo rispetto alla notte. Le tenebre che accecano l’uomo infuriato. Le condanne cristiane dell’ira trovano riscontro nei pensieri di Gandhi, che rispecchiando la spiritualità orientale, pensava alla trasformazione di questo sentimento, il quale, se dominato, può divenire momento fondamentale che genera la vera forza dell’uomo. Un modo di vedere non lontano da interpretazioni scientifiche le quali fanno discendere la rabbia dalla frustrazione, dimostrando che unica vittima certa della collera è il suo attore.

Si racconta che l’Abbazia di San Pietro in Valle, poco sotto il Monte Solenne, in Umbria, sia stata voluta proprio dall’Apostolo Pietro, apparso in sogno al Duca longobardo di Spoleto, Faroaldo II, il quale nel VII secolo la rifondò insieme al monastero ampliando un precedente insediamento eremitico. I Monaci anacoreti, eremiti ed erranti, giungevano in questi luoghi di naturale bellezza, così vicini al cielo, come luoghi eletti per la riconciliazione.

Quella del pellegrino è una figura che simbolicamente corrisponde alla situazione dell’uomo sulla terra, il quale compie il suo periodo di prove per accedere alla Terra promessa o al Paradiso perduto. È la consapevolezza della transitorietà delle cose terrene e l’aspirazione a fini lontani di natura superiore; compie il suo viaggio nella povertà; il bastone rappresenta ad un tempo la prova di sopportazione e di privazione.

In quest’epoca che assiste a schegge impazzite di realtà mostruose e atroci, siamo spinti da un’esigenza di pace verso questo richiamo che riveste un valore di grande suggestione. Pellegrini a San Pietro in Valle, alcuni uomini e donne di diverse regioni del mondo, oltre le proprie religioni, giungono per cercare quella pace che è il fondamento della riconciliazione tra gli esseri umani.